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La sua facciata presenta una minuta scansione architettonica.
Al pianoterra fermenta il vino: i visitatori e il personale dell’azienda vi accedono attraverso il cortile, dal quale si raggiungono anche le immense vecchie cantine a volta.
Nel 1999 è stata costruita una nuova cantina, scavata sotto il vecchio fienile e riservata esclusivamente all’affinamento del Teroldego.
Le piccole botti sono accatastate l’una sull’altra in forma di piramidi e sono immerse in un clima ideale grazie all’intonaco di argilla.
Il vino matura in legno adagiato sulla ghiaia proveniente dal letto del Noce.
La parete dell’ingresso alla cantina è costituita da grandi sassi levigati, la cui bellezza attira i visitatori.
L’accostamento di elementi caldi e freddi, comuni e insoliti, semplici e raffinati, ed il mantenimento del giusto equilibrio fra natura e cultura sono le caratteristiche di questo luogo.
Il Campo Rotaliano è un’unità geografica ben delimitata, una sorta di rientranza della Valle dell’Adige, incuneata fra le montagne.
La sua storia e la sua formazione sono legate al fiume Noce che trascinò con sé nei secoli detriti calcarei, granitici e porfirici.
All’interno di questa piccola pianura, a seconda del quantitativo più o meno elevato del contenuto in scheletro dei terreni, si differenziano delle micro zone a cui i viticoltori hanno dato nomi diversi.
E’ dall’assemblaggio delle uve di alcune di queste micro zone caratterizzate da terreni prevalentemente sabbiosi con diversi requisiti qualitativi che nasce il Teroldego Rotaliano Foradori.
Elisabetta Foradori è considerata la Signora del Teroldego, l’artefice della rinascita di questo vino.
Nel 1984 la giovanissima Elisabetta Foradori comincia a occuparsi della tenuta di famiglia, acquistata più di un secolo prima dal nonno, Vittorio: due anni dopo vinifica la prima annata di Granato, un vino da vigne di ottant’anni che nel tempo farà apprezzare il Teroldego a tutto il mondo.
Dal 2000 il passaggio a un’agricoltura più naturale, rispettosa dell’ambiente e delle persone che lavorano, che recentemente si è evoluta verso pratiche biodinamiche.
Ha radicalmente cambiato impronta stilistica a tutti i suoi vini, dotando la cantina di piccole anfore d’argilla della Georgia, per fare esperimenti su nosiola e teroldego.
E’ anche l’artefice de “I Dolomitici”, il gruppo di vignaioli trentini che applicano metodi colturali naturali.
VIGNETI DELLE DOLOMITI GRANATO 2003 MAGNUM FORADORI
Vite e melograno hanno per provenienza origini comuni e si accompagnano spesso nel bacino del Mediterraneo.
Il frutto del melograno possiede inoltre il fascino, la bellezza e l’intensità del frutto della vite.
E’ a questo connubio ideale che si ispira il nome del “Granato”, nome di un Teroldego di particolare concentrazione e fittezza che affonda le sue radici nelle pietre di cinque vigneti del Campo Rotaliano.
Quando prodotto, è sempre ottimo il Granato.
Un Teroldego prodotto in circa 30.000 botteglie.
Caratterizzato da bella concentrazione e intensa finezza, con una polpa fitta e fruttata sorretta da una viva spina acida.