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La villa risale al 1704 e fu costruita, su un nucleo preesistente, sotto la direzione di Giacomo Sartorio.
Attualmente l'azienda è condotta da Massimiliana Barattieri, suo fratello Alberico e la moglie Francesca.
Accanto ai tradizionali vini piacentini viene prodotto il Vin Santo Albarola ottenuto da una “madre” di lieviti del 1823.
Questa viene conservata tra i beni di famiglia per la sua naturale attività di “procreatrice” delle diverse annate di Vin Santo.
VINSANTO DI ALBAROLA VAL DI NURE 2003 CONTE OTTO BARATTIERI
Il vino buono sta nella botte piccola, recita un detto popolare.
Non sempre è vero ma in questo caso nella piccolissima botte, meglio conosciuta come caratello ci sta un vino unico.
Quasi due secoli di storia, e ancora oggi si perpetua la magia di un vino fatto senza togliere o aggiungere nulla, Malvasia Aromatica di Candia spremuta e null'altro, nessun additivo, niente filtraggi, zero solforosa.
Lo scorrere degli anni e l'alternarsi delle stagioni trasformano il mosto in un grande Vinsanto.
Siamo in Valnure, nella cantina dei Conti Barattieri.
Stiamo parlando di una delle più piccole DOC d'Italia, con le sue poche centinaia di mezze bottiglie prodotte ogni anno.
L'uva proviene dai vecchi vigneti di proprietà, la raccolta è ovviamente manuale in piccole casse, i passaggi in vigna sono 4 o 5 a seconda dell'annata in modo di raccogliere grappoli perfettamente maturi.
Il personale che raccoglie queste uve è espertissimo, solo piccoli grappoli spargoli, senza nemmeno un chicco non perfetto.
L'uva viene poi stesa su cannicci nella solana, dove rimarrà fino a completo appassimento che coincide con il periodo natalizio, epoca in cui si svolge la pigiatura.
In questi lunghi mesi di appassimento, i grappoli vengono ispezionati giornalmente, vengono eliminati gli acini che presentano il minimo difetto.
La pigiatura avviene con un piccolo torchio verticale, il mosto scende goccia a goccia, denso, ricco, quasi oleoso.
Il mosto così ottenuto viene fatto sostare in una vasca d'acciaio per qualche tempo, fino alla formazione di una pellicola superficiale che lo isola dall'ambiente esterno.
Fa seguito il travaso nel caratello, dove il vinsanto fermenterà lentamente (a volte la fermentazione dura anni) grazie ai lieviti naturali dell'uva e alla madre che si è formata nelle piccole botticelle con il trascorrere del tempo.
Apro una piccola parentesi su queste piccole botti, costruite con rovere proveniente dell'Appennino romagnolo.
Le doghe sono spesse cinque centimetri, sono contenitori molto costosi, fatti per durare nei secoli.
Nella solana c'è ancora il primo caratello utilizzato ancora oggi, la data scolpita nel rovere è 1824.
La sosta nel caratello dura dieci anni.
Le variazioni di temperatura nella solana fanno si che il vinsanto si stabilizzi naturalmente.
Trascorso questo lunghissimo periodo si imbottiglia senza aggiunta di solforosa.
Ancora una sosta in vetro di un anno e questo gioiello dell'enologia piacentina è pronto per la commercializzazione.
Nel bicchiere vi troverete un vino ambrato, limpido e denso.
Immediatamente si spanderà nell'aria l'aroma caratteristico del frutto della Malvasia Aromatica di Candia.
Ad un più approfondito esame olfattivo noterete la frutta secca come il dattero, l'albicocca, la noce.
Dopo essere stato versato, il vino evolve in maniera spettacolare, aromi che appaiono e scompaiono in continuazione, una lotta tra i vari frutti per farsi meglio sentire ed apprezzare.
In bocca lo spettacolo continua e si amplia.
Nonostante l'alto residuo zuccherino la beva è bellissima, l'acidità ben presente controbilancia la dolcezza.
Grande corrispondenza naso bocca, permanenza infinita.
Basta un piccolo assaggio affinchè il sapore permanga per un lunghissimo periodo e torni con intensità incredibile anche dopo molti minuti.
Insomma siamo nell'Olimpo dei Vinsanti italiani ma non solo.
Questo è uno dei migliori vini dolci del mondo.
Gustatevelo, se avete la fortuna di trovarne una bottiglia, a temperatura di cantina, lasciatelo evolvere nel bicchiere, dategli tempo.
Vi ripagherà con un piacere infinito.
Le differenze tra l’etichetta originale e quella odierna, sono davvero poche.
Originariamente le etichette erano dipinte a mano con una pittura d'oro zecchino.
Oggi non è più così; in un primo tempo le etichette venivano stampate color oro su fondo blu, solo l'annata era scritta ancora a mano; attualmente anche il millesimo viene stampato contestualmente all'etichetta.
Questa evoluzione tecnologica non toglie il fascino a un oggetto grafico così carico di storia.